Stelle di mare
di Cristina Mundi


Se è vero che ognuno ha un sogno, quello di Anna consisteva nell'entrare a far parte del mondo del teatro.
Potrei recitare, pensava, ma forse mi piacerebbedi più curare i testi, o meglio ancora la regia.
E, forse, quando sarò abbastanza esperta, potrò fare tutte e tre le cose insieme.
Quando era ancora viva, nel senso comune del termine, il suo gioco preferito consisteva nell'immaginare un palco, immenso, sul quale recitavano tutti, sua madre, suo padre, i suoi amici, proprio tutti, mentre lei, segretamente, giudicava l'abilità di ciascun attore.
Com'è brava la mia mamma, una grande prima attrice dal sorriso invincibile, e anche i miei fratelli non sono male, forse solo un po' frettolosi nelle battute, non hanno ancora il ritmo giusto.
Quando questo strano, irreale incubo del lager era cominciato, lei aveva tentato di continuare il suo gioco, convincendosi che fosse anche quella una rappresentazione teatrale, magari una di quelle mal riuscite, con gli spettatori che si alzavano a metà dello spettacolo per farsi rimborsare il biglietto e il regista, un omino piccolo vestito di nero, che veniva fuori dalle quinte urlando che no, non era quello il modo di recitare, non vedete che se ne vanno via tutti?
Non dipende dalla recitazione, pensava Anna, noi qui ce la mettiamo tutta, siamo dimagriti tanto da contarci le ossa, e anche quelli con la divisa non si può dire che non si stiano impegnando. E' il testo che non va, è troppo assurdo: uomini che uccidono altri uomini per il puro gusto difarlo, il pubblico non ci crede, non bisognava metterla in scena una cosa così, era chiaro che non sarebbe piaciuta a nessuno. Calerà, da un momento all'altro, un immenso sipario, fine della rappresentazione, gli attori possono andare a casa, ci dispiace che siate rimasti senza lavoro ma forse è meglio così, proprio non andava. Assai presto, però, Anna capì che questa volta il gioco non avrebbe funzionato.
Dovette smettere di aspettare la chiusura del sipario e il regista vestito di nero, non c'erano sipari, non c'era il regista, era tutto vero.
Erano veri i muscoli sottili come carta velina, era vero il tremore continuo delle gambe e quel senso di spossatezza per il quale quando era a casa si sarebbe messa a letto accusando un po' di febbre, e la mamma l'avrebbe colmata di tenerezze. Qui non importava niente a nessuno della tua febbre, né della tua fame, né della tua vita, anzi, se morivi da solo era anche meglio, gli risparmiavi la fatica. Come fece Ester. Lei gliela diede, questa soddisfazione. Morì all'improvviso, senza un lamento, mentre le donne erano riunite per la pausa del pranzo. Si arrese. Le guardie arrivarono, la presero e la portarono via.
Lo sai, Ester, forse sei stata più fortunata tu.
Le altre donne cominciarono a piangere, ognuna in un modo diverso. Ad una sussultavano le spalle, un'altra guardava dritto davanti a sé e lasciava che le lacrime la inondassero, una terza batteva piano un piede, ritmicamente, come per protesta, mormorando: "Un'altra, un'altra…". Anna guardava come ipnotizzata il piede di quella donna che si muoveva e le sembrava di esserci sotto, le sembrava che ci fossero tutte, sotto. Si mise a piangere anche lei, silenziosamente.
Accarezzò la stella di stoffa che aveva sul petto, e sotto i polpastrelli sentì il calore di mille, centomila, milioni di dita che accarezzavano una piccola stella di stoffa. Le dita di un popolo martoriato, che cercavano conforto nel simbolo di David, colui che era riuscito a sconfiggere il gigantesco Golia armandosi solo di una piccola fionda e di un grande coraggio.
Ma lei sentiva di non avere quel coraggio. Quella non era una rappresentazione teatrale. Non c'è più niente a cui aggrapparsi, pensò, la mia vita se la prenderanno loro, e anche se così non fosse, anche se dovessi uscirne viva, niente avrà più il senso che aveva prima. Dovrei avere a disposizione tutta un'altra vita per riscattare questa... Allora, chissà come, nella sua mente stanca, si materializzò all'improvviso un'altra stella, lucidissima, rossa. Una stella di mare. Ora Anna sente le parole fluirle dalle labbra, quasi autonomamente, e, una volta fuori, organizzarsi in una storia, una storia avvenuta tanto tempo prima, che fa levare il capo alle altre donne, mentre le loro lacrime si asciugano al calore del racconto di un giorno di maggio, caldo ma non troppo, si può andare al mare, però senza togliersi i vestiti.
Anna cammina sulla spiaggia in compagnia di un giovane alto e sente il fastidio della sabbia nelle calze, ma le importa poco, perché è contenta di essere lì. Il ragazzo ha il viso un po' rosso, forse per il sole, o forse perché stare da solo con lei lo imbarazza. Anna sa che il giovanotto è innamorato di lei, e si diverte a giocare come il gatto col topo, ma solo così, per pura vanità femminile, in realtà ha già deciso che gli dirà disì.
Ad un tratto la vedono, adagiata sulla sabbia, sembra che stia lì proprio per farsi ammirare. Anna non ha mai visto una stella di mare, e quasi urla dall'emozione; allunga una mano a toccarla, e l'animale si muove, pigramente, lentamente, infastidito da quel contatto. E' viva! grida lei. Ma certo, ride il ragazzo, cosa credevi? E' piacevole parlare con lui, sa tante cose e le sa raccontare. Ascolta, Anna, l'affascinante storia delle stelle di mare, più scaltre di chi le uccide.
Chi può ucciderle, si chiede lei inorridita, chi può levare la mano contro un animale così bello e, certamente, inoffensivo? I pescatori, loro le odiano. Le stelle di mare si nutrono di> molluschi, e i pescatori le ritengono una specie di calamità, perché un banco distelle di mare può interferire seriamente con la pesca.
E' una sciocchezza, certo, non si può odiare un altro essere vivente per quello che mangia, ma se per farlo tocca i tuoi interessi allora sì, certo che si può. Così i pescatori catturano le stelle di mare e le tagliano a pezzi, probabilmente anche provandoci gusto, in fin dei conti si stanno liberando di un avversario. Poi buttano i pezzi in mare, a far da cibo ai pesci.
E' allora che le stelle di mare mettono in atto la loro vendetta, sfruttando una particolarità di cui la natura le ha dotate, cioè la capacità di rigenerare un organismo intero da un singolo pezzo. Quando vengono catturate, dunque, sopportano di essere tagliate a pezzi, aspettano di essere ributtate in mare e poi, da ogni pezzo, riproducono un nuovo animale, intero, affamato e soddisfatto di aver beffato la crudeltà di quegli uomini.
Terminato il suo racconto, Anna tacque. Guardò le sue compagne, una ad una, e capì che si erano intese. Allora, lentamente, alzò una mano a toccarsi i capelli. Ne prese uno tra due dita, lo staccò. Sentì un dolore, piccolo. Poi portò le due dita che stringevano il capello davanti agli occhi. Il vento muoveva freneticamente quella sottile parte di lei. Accanto ad Anna c'era la donna che aveva pianto battendo il piede. Anche lei si staccò un capello, e guardò Anna.
In breve erano tutte pronte, un piccolo gruppo, tutte con il pollice e l'indice che si toccavano, tutte con in mano uno dei propri capelli. Anna levò la mano, alta sulla propria testa, e aprì le dita. Le altre donne la imitarono.
Sembrò che in quel momento il vento soffiasse più forte. Lontano, vento, portali lontano.
Fai di noi stelle di mare, Dio, fu la muta preghiera che s'innalzò da quelle menti. Fai che da questo nostro piccolo pezzo possiamo rinascere tutte intere, in un altro luogo, in un altro tempo.
In un tempo e in un luogo senza più persecuzioni, in cui grideremo forte il nostro nome, la nostra religione, la nostra razza, e vedremo la gente intorno a noi inchinarsi sorridendo al nostro orgoglio.

Dacci un'altra vita, poiché questa ci viene portata via.

Un'altra possibilità.

Beffa la crudeltà di questi uomini.

 

da PROSPEKTIVA

K - Una lettera contro il razzismo
Racconti, poesie e fotografie avente come tema il razzismo
Vincitori dell'edizione 2002
Sezione Narrativa: Stelle di mare di Cristina Mundi

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